sabato 16 novembre 2013

Che cos è per me (te) la disabilità?


Mi ricollego al post precedente. 
Provate a rifletterci e se volete, a farmi sapere come la pensate per avere un risconto.

Mi scuso se risulto un pò pesante su questo ma vi prego di rifletterci, è una questione a cui tengo moltissimo!!!


Per me la disabilità è:

Mi rimane difficile rispondere con la frase “ per me la disabilità è…”, preferisco usare l’espressione “ credevo che la disabilità fosse…” in quanto, nelle ore di lezione svolte ho voluto fin da subito cancellare l’idea che avevo sulla disabilità.
Consideravo la disabilità come una condizione irreversibile della vita delle persone, consideravo il disabile come una persona affetta da qualche malattia grave e incurabile, provavo compassione  perché ritenevo che quella persona avrebbe passato la sua vita ai margini della società, per colpa della società stessa.

Non ho mai pensato a che cosa fosse per me la cura per la persona disabile, ciò credo che sia derivato dal fatto che, come ho riportato precedentemente, essere disabile significasse essere una persona incurabile. Per me il disabile non poteva far altro che rassegnarsi alla sua condizione.
“ E’ cosi, non si può fare niente…poverino.”
Credo che per me la cura fosse semplicemente qualche esercizio di riabilitazione, nient’altro.
Questo era ciò che pensavo sulla disabilità, come credo questo sia il pensiero che hanno ancora molte persone.
IO avevo, nei confronti del disabile, un atteggiamento vittimistico.


Dopo aver visto il video, dopo le ore di lezione, dopo aver letto che cos’è la disabilità e che cos’è il deficit, scriverei esattamente quello che ho letto, non perché qualcuno mi ha detto, o qualcuno ha scritto “la disabilità è” ma perché, dopo aver distrutto la mia idea su di essa, ho ascoltato, con la mente libera dai “se” e dai “ma”, riuscendo a ricostruire una nuova concezione sulla disabilità e sulla persona disabile, facendo diventare mio questo pensiero.
Per me quindi la disabilità è un prodotto causato dall’interazione con il deficit della persona e con l’ambiente.
Prima provavo compassione per il disabile ora provo rabbia, non certamente verso di lui, ma verso questa società piena di vittimismo e falsità, una società che non riesce ad andare oltre il dato oggettuale che sia fisico, psicologico mentale, ecc … una società che si sente nel giusto e si sente “buona” a dire “ma poverino” una società che fa finta di creare integrazione perché non riesce a far altro che mascherare la “diversità” , che ha paura di usare il termine “diverso” così facendo credo non faccia altro che creare un disagio.
La prima parte del “il circo della farfalla”  credo riporti l’immagine di una società cattiva e ignorante,  il lato estremo, il rifiuto,  ho “letto” il film come se fosse una linea del tempo dove il rifiuto (la prima parte del video) era il passato e la seconda parte  il nostro futuro, il traguardo per la vera prospettiva dell’ inclusione, il riscatto del disabile, la sua possibilità di poter andare oltre il dato oggettivo e mostrarsi e mostrare quello che può e sa fare.
Per ora per me “disabilità”, “disabile”, è la società, in quanto il disabile diventa tale nel ritrovarsi di fronte “all’incapacità (o non volontà) del contesto socioeducativo di affrontare i problemi del deficit…”.  A causa quindi, non della sua situazione, ma  “ alle scelte, ai ritardi dei “normali” ”(Citato L. Guerra)

La cura del disabile ora credo che sia il trovare strade, percorsi, creare ausilii sempre più utili per la sua integrazione, farlo sentire capace di poter fare, tirar fuori al meglio le sue capacità.
Per rendere possibile questo credo che prima di tutto dobbiamo curare noi stessi, noi                “ normali”, dobbiamo fare un percorso su noi stessi di decostruzione dell’idea che abbiamo sull disabilità e su chi lo porta il/un deficit.
Il nostro compito è quello di far uscire le capacità, le possibilità, di quella persona o ragazzo, e per far questo prima di tutto dobbiamo fargli credere che “è possibile”.
Dobbiamo riuscire a tirar fuori la capacità fondamentale per poter attivare di conseguenza le altre : la fiducia in sé steso.
Come fare questo percorso se siamo spesso noi i primi a credere che la mancanza di quel braccio, di quella gamba, la presenza della sindrome di down, siano ostacoli grandi, fattori fondamentali per renderti “incapace di poter fare”?!?!?!
Oltre questo credo che il secondo step per la cura sia creare un contesto adatto per diminuire l’apertura di forbice tra la normalità e la disabilità. Si è creato per esempio l’ ausilio della sedia a rotelle, molto utile ma non credo sia arrivato al massimo della sua possibilità, come far sentire la persona a “suo agio” sopra una sedia a rotelle se, banale esempio, per potersi prendere un caffè deve trovare quel bar, magari uno su dieci della sua città, con una pedana!?
Quindi c’è bisogno di pensare di più alla diversità perché c’è, esiste, e solo pensandola si può farla realmente esistere e  lavorarci per renderla una “speciale quotidianità”.
Il terzo step della cura è accogliere, non giustificare, non compatire , altrimenti si finirebbe nella semplice spettacolarizzazione. Credo che tutti questi step siano correlati e vengano prima della cura a livello medico/sanitario, per poter arrivare a non avere più quel pensiero stereotipato sula disabile e il suo deficit che ci porta a dire frasi del tipo :“ Poverino, la sua vita non sarà mai normale, non avrà mai tutti le possibilità per…” questo pensiero è il primo ostacolo per il disabile, perché un atteggiamento del genere è la prima cosa che preclude la possibilità “di”, “per”…

In altre parole tutta la cura per il disabile, e il concetto di disabilità, 
credo siano due fattori che ruotino intorno alla cura del nostro pensiero.




4 commenti:

  1. Ciao Laura. Secondo me, ogni persona ha un proprio pensiero, in questo caso, nel riguardo del disabile e della disabilità, perché pensare è un nostro diritto. E' ovvio che ogni persona formuli un pensiero che può essere giusto o sbagliato. Tuttavia, il pensiero si può cambiare, come giustamente hai fatto te, perché una cosa è pensare senza conoscere e un'altra cosa è cambiare il pensiero conoscendo. Guarda, ti ammiro molto perché poche persone hanno il coraggio di esprimere il proprio pensiero, di rendersi conto di quello che hanno detto e di cambiare la propria concenzione, in questo caso riguardante la diversità.
    E poi, ti do ragione, quando hai detto che è la società ad essere disabile e non quel bambino, ragazzo, uomo "affetto" da qualche malformazione o menomazione, perchè è proprio la società a rendere queste persone disabili.

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  2. Ciao Chiara, beh ti ringrazio per aver esposto il tuo pensiero. Sono contenta che sia passato questo, perché è proprio questo il senso che vorrei dare al blog, farlo diventare una piattaforma di scambi per imparare di più e crescere meglio!!!
    Inoltre nulla da dire, mi ritrovo pienamente nelle tue parole!!! A presto!!! =)

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  3. Ciao Laura. Secondo me è molto difficile rispondere a " Cos'è la disabilità? " ;cercando una risposta mi sorge un'altra domanda: " Cos'è la normalità?/ Chi è il " Normale"? .

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  4. Ciao Erica, mi piace questa domanda un po' provocatoria, mi piace perché mi aiuta, ci aiuta a riflettere e a guardare il tutto da un altro punto di vista. Ora non saprei rispondere, ma considerando anche questa prospettiva spero si possa avere un quadro generale e una risposta a tutto, molto più completa e costruttiva. Ti ringrazio per il tuo intervento. Un saluto!

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